Nel settore dell’autotrasporto il nostro Paese sta vivendo una drammatica carenza di autisti come mai prima d’ora: i rappresentanti delle imprese del settore, attraverso soluzioni precarie, fanno di tutto per scoraggiare le nuove generazioni ad intraprendere questa professione. È giunta l’ora di ridare dignità e decoro agli autisti dell’autotrasporto, rimettendo al centro la retribuzione contributiva prevista dal Contratto Nazionale di Lavoro, che, senza un controllo forte, efficace e capillare sul territorio non può trovare la sua applicazione. Leggiamo sugli organi di stampa soluzioni miopi ed effimere da parte delle associazioni di categoria, che non intendono porre rimedio alla carenza di autisti da noi più volte denunciata.
La retribuzione netta attuale di un autista è paragonabile a quella di venti anni fa, nessuno pone l’accento sulle difficoltà di questi lavoratori a trovare docce e servizi gratuiti per l’igiene personale. Un lavoro che sta mettendo in discussione la dignità dei lavoratori che dal sistema vengono considerati quasi bestie. Le controparti propongono di detassare le “trasferte”. E’ una cosa piuttosto bizzarra poiché nel nostro ordinamento le trasferte non hanno alcuna pressione fiscale né previdenziale.
Probabilmente le associazioni delle imprese volevano riferirsi all’incremento dei limiti di esenzione imposti dal TUIR (Testo Unico sulle Imposte dei Redditi ), per permettere alle aziende di erogare senza prevedere una giusta contribuzione ai lavoratori. In quel caso, al raggiungimento dell’età pensionistica, gli autisti si troveranno due spiccioli di pensione perché nessun contributo viene versato sulle trasferte. In altri comunicati le associazioni datoriali dell’autotrasporto dichiarano che la manovalanza a basso costo che arrivava dall’Est Europa non esiste più. Hanno dichiarato che le retribuzioni si sono alzate e gli autisti sono tornati nei loro paesi di origine, evitando, di fatto, lo sfruttamento a cui erano soggetti in Italia. In base a queste affermazioni sarebbe necessario l’ingresso di nuovo personale da altri Stati. Da parte datoriale si legge anche che, nel settore del trasporto container, la mancanza di autisti ha portato a ritardi nell’uscita dei contenitori dai porti e si propone, quindi, di andare in deroga ai divieti di circolazione nei giorni festivi per i camion.
Questa azione danneggerebbe i pochi autisti rimasti, creando rischi alla salute e alla sicurezza degli stessi lavoratori e dell’utenza. È inammissibile che le associazioni e le imprese propongano soluzioni fantasiose dimenticando le regole basilari per attrarre nuovo personale a intraprendere questo faticoso lavoro. Nel trasporto dei container, nonostante non lo faccia nessuno, c’è da evidenziare il fatto che le compagnie e le agenzie di navigazione stanno facendo utili milionari con l’aumento dei noli, ma senza ripartire parte del ricavato con il mondo della logistica e dell’autotrasporto per poter determinare benefici economici anche ai dipendenti delle stesse aziende.
La Uiltrasporti non ha soluzione a tutti i mali dell’autotrasporto, ma ritiene che alzare le ore retribuite effettivamente svolte, non solo con le trasferte, ma con la facile rilevazione tramite il cronotachigrafo, possa riavvicinare i giovani a un decoroso lavoro con equa retribuzione.
Le associazioni e le imprese devono mettersi in condizioni di rendere appetibile nuovamente questa professione, impegnando magari la Commissione Bilaterale sul Contratto Nazionale a rendere obbligatorio un numero minimo di ore di straordinario, tenendo in considerazione che questi lavoratori toccano picchi di 61 ore settimanali, con una media semestrale di 58.